domenica 28 luglio 2013

Le ragioni della forza: psicomagia dell'Azione

La civilizzazione giunge facilmente ad un punto in cui demonizza la forza, reputandola antitetica alla Ragione e al Diritto. Questo accade perché il principio alla base della concezione civile/giuridica della vita è:
“Non si deve fare una cosa perché qualcuno la impone, ma perché astrattamente è corretta”.
Tradotto in soldoni, con un esempio pratico, una persona non è tenuta a girare armata per difendere la propria incolumità, ma sei tu che, per principio, non devi aggredirla.
E a volte, la smania di astrarre il diritto legalitario dalle cose, spinge persone teoricamente "pacifiste" ad aggredire smisuratamente chiunque possa rappresentare un esempio di pensiero forte o come suol dirsi reazionario.
In generale, il sociale odia e teme l'Individuo e la sua potenza autonoma.
Herbert Marcuse ebbe a notare questo fatto, in un passo di Eros e Civiltà:

più aumentano le istanze del Super-Io e del controllo sociale, più inevitabilmente aumenta la voglia di contrastare e punire l'Io e l'Es.
Come l'asceta maltratta il corpo e lo odia, pur dicendo di superarlo soltanto, così chiunque sia nonviolento e legalitario tenderà a bacchettare e odiare chiunque sappia anche solo vagamente di forza.
Lo si nota benissimo anche in molte persone umaniste e votate al sociale, che hanno sprazzi di odio verso alcune figure autoritarie o patriarcali, che spiazzano per cattiveria e sorprendente odio.

In azzurro: nota astrologica:
In un certo senso, l’individualismo e la forza sono sempre antitetici alle ragioni del collettivo e della giurisdizione, basta notare come in Astrologia, ad esempio, che è davvero “Scienza delle Dialettiche”, Leone e Ariete (due Segni molto individualisti) siano opposti rispettivamente ad Aquario e Bilancia, cioè ai Segni più collettivisti ed equilibrati. In generale, tutti i Segni molto forti e dominatori (oltre ai due sopracitati, anche Scorpione e Capricorno) si oppongono immancabilmente a valori più dolci, riflessivi e introspettivi: è quindi una regola cosmica che l'Individuo, la sua forza e "prepotenza", sia l'opposto della comoda coesistenza e del pacifismo. La natura stessa dell'Individuo è in qualche misura ribelle e indomita.

Ottenere una cosa con la forza, anche discorsivamente, suona come un non saperla ottenere altrimenti: se parli a nome della forza, c’è sempre qualcuno che ti contesta il “non saper usare altro”, come se la forza fosse il rifugio dei poveri di ingegno.

In realtà, se andiamo a vedere come la pensavano gli antichi, scopriamo delle sorprese interessanti:

1 - L’idea di “civiltà” e di “umanità” antica era un po’ diversa da quella attuale: ad esempio, per essere un gentiluomo anticamente, dovevi essere armigero e “violento” secondo i canoni moderni. L’uomo completo aveva sempre anche una formazione marziale: non tutti sanno che moltissimi grandi della Storia, anche insospettabili, erano duellatori e spadaccini dalla tenzone facile (Lincoln, ad esempio, conquistò la moglie duellando).

2 – C’è un aspetto simbolico e magico nella cosiddetta forza o violenza, e ne parleremo estesamente in seguito: esistono dei livelli della psiche che solo la “violenza” (badate alle virgolette) riesce ad esprimere.

3 – Esisteva eccome un “diritto” che escludeva a priori il banale primato della forza bruta: era il concetto di VALORE. Gli antichi non erano mica scemi: lo capivano che la giustizia non dipende dalla mera fisicità del contendente! Ovvio. Infatti per l’uomo tradizionale non è la vittoria tecnica, o la forza “meccanica” la cosa da dimostrare, bensì il valore del guerriero, che consta di varie sfumature: forza d’animo, generosità, stile, drittura, passione, onore, coraggio (anche nel combattere coerentemente contro avversari più forti) e così via.
Quindi non è che la civiltà giuridica abbia inventato l’idea di “andare oltre la forza bruta”: era già intrinseco al concetto Valore.
Anche quando si guardava all’esito di uno scontro, come nel ‘giudizio di Dio’ a duello, non era per via della legge del più abile o del più forte, ma era in un senso più fatalista e che comunque si rimetteva espressamente ad un verdetto divino. Parlerò in seguito anche delle varie regole e usanze del duello, e vedremo bene come il Cavaliere sia sempre stato distinto dal semplice bellimbusto rissoso. Quindi in nessuna cultura antica troviamo quel banalissimo concetto mal-darwinista che è la famigerata ‘legge del più forte’.

Ora: ho detto poco fa che esiste un aspetto simbolico nella cosiddetta “violenza”:
è una cosa che sfugge alla mentalità scarna di chi lotta contro le tradizioni ritenendole primitive, ma che vi spiegherò con un esempio:
supponiamo che un bambino subisca angherie e violenze da un tutore crudele;
un giorno arriva un poliziotto aitante, che prende il malvagio e, semplicemente, lo gonfia di botte e lo arresta.

Cos’è accaduto?

Beh, agli occhi del civilista, è accaduto un qualcosa di “purtroppevole”, ossia una persona è dovuta intervenire purtroppo in modo manesco, per necessità, quando sarebbe stato molto meglio spiegare che, con o senza forza, non è giusto maltrattare i bambini. Dal punto di vista civile-puro, è un fallimento filosofico. Perché è come quando le femministe dicono “non dovete insegnare alle donne a non provocare, ma dovete insegnare agli uomini a non stuprare” (o anche: “non dovete reprimere ma educare”).

Alejandro Jodorowsky, ideatore della Psicomagia
e genio eclettico 

 Invece, dal MIO punto di vista (e col mio punto di vista viene quello tradizionale) al bambino di cui sopra è accaduta una cosa meravigliosa: un principio guerriero bello (il poliziotto) ha pestato il cattivo.
L’anima del bambino questa cosa l’ha recepita perfettamente.
Gli rimarrà sempre.
Più chiaro di qualunque discorso, e catartico.
E’ come nella Psicomagia di Jodorowsky: parlare il linguaggio dell’inconscio consente di agire con esso.

E’ il Teatro della Vita: esistono delle azioni che palesemente mettono in scena dinamiche cosmiche.

Come la fuitina, che oltre ad essere un’usanza spiegabile socialmente (la verginità, la famiglia ecc.), è anche un mettere in scena qualcosa che ha rimandi mitici (proprio in Sicilia, Plutone rapì Proserpina, a Enna).

C’è sempre più che della semplice politica, nelle cose.

Questo bisogna capirlo bene.

Esistono 3 livelli di un’azione:

ENERGETICO/ARCHETIPICO
MENTALE
PRAGMATICO

Il livello pragmatico, nell’esempio, è: “Il poliziotto fattivamente ha ottenuto l’effetto sperato. Avoja a chiacchere, dice il romano: l’intervento, leggi o non leggi, ha ottenuto un risultato concreto.”

Il livello mentale sarebbe tutto il dibattito su cosa è diritto e cosa no, su cosa è violenza e cosa no, e su come trovare dei parametri astratti per la violenza sui minori – il che non solo è una piccola striscetta filosofica fra i due livelli a fianco, ma è anche altamente soggetto all’opinione e al dibattito culturale.
Infatti, filosoficamente e giuridicamente, può essere difficile stabilire alcune cose: ad esempio, la differenza fra un dodicenne guerriero fra i barbari del Nord pagano, e un bambino-soldato moderno. Per dirne una.
Non sto giustificando l’impiego di bambini soldato: sto dicendo che la parte mentale-filosofica di un problema è sempre la più farraginosa e la più opinabile: generalmente, tende a servire convinzioni già date.
Tant’è che le leggi delle varie civiltà sono spesso derivanti più da fedi e dogmi, giustificati e razionalizzati, che non da ragionamenti puri: infatti la sacralità di certe cose alla base della democrazia, per esempio, è indimostrabile.

E poi c’è il livello energetico-archetipico:
il livello archetipico sta per: “A prescindere dal dato tecnico dell’arresto del cattivo, c’è all’opera un simbolo. C’è una dinamica mitologica in corso, che soddisfa il cuore”.

La Forza ha questo potere: agisce contemporaneamente sul piano pragmatico e simbolico, e il mentale si adatta.

Un’idea ha forza e carisma quando tocca pragmatico e simbolico:
Il leader che parla alla massa è un simbolo, non solo una funzione sociale.
Il marine che bacia l’infermiera nella celebre foto, incarna la fine della II Guerra Mondiale più della politica.
E ci sta bene così.

La mania moderna di intellettualizzare le cose ha portato a sopravvalutare quella striscetta ammortizzante e burocratica che è il livello mentale di cui parlavamo sopra.
E poi ci fanno le leggi!
Così poi ti ritrovi una cricca di opinionisti che discutono delle quote rosa, e lo psicopatico libero che uccide la moglie: perché?
Perché voi state masturbando l’aspetto mentalista della questione, quando un samurai l’avrebbe risolta con un colpo netto di spada, seguito da un rapido scrollo di sangue e un rinfodero.
Senza complimenti.
Si chiama Iaido: l’arte Zen di sfoderare.

E’ esattamente quello che hanno sempre detto tutti i guerrieri spirituali della Storia:
il samurai che “svuota la mente e si centra in se stesso”….
(come dice Katsumoto ne L’Ultimo Samurai, “riconoscere la Vita in ogni vita che prendiamo, questo è Bushido”)
Il cavaliere che dedica la spada alla dama e a Dio (tradotto: all'amore passionale, e alle causalità superiori di cui è agente)…
Arjuna il guerriero indiano, che supera i propri dubbi sulla guerra accettando la parola di Krishna….
Il cacciatore pellerossa che considera la sua caccia tutt’uno col Grande Spirito….
e così via.

Ecco, se questa è “violenza”, allora sono decisamente un violento.

E in uno dei prossimi post, riprenderemo il discorso del duello e dell’onore, che ho trattato già altrove.
Forza & Onore, a presto amici!

(articolo identico su www.anticocodice.blogspot.com)

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